Biblioteca degli agrumi
Prosegue la collaborazione con il Casale dei Cedrati per arricchire la biodiversità della biblioteca degli Agrumi del Casale con le varietà dei Presìdi Slow Food.
Costo: 12 euro per i possessori della Cedrati card o soci Slow Food, 15 per i non soci.
Programma:
Ore 10.00
Storia del recupero di un agrume che si stava perdendo, grazie al Presidio Slow Food e assaggio di una spremuta rigenerante.
Ore 10.30
Messa a dimora della pianta. I bambini presenti potranno dare il loro contributo con le palette.
Con il produttore e referente del Presidio Francesco Caridi.
L’arancia belladonna di San Giuseppe è una cultivar tardiva e a polpa bionda, che lega il suo nome a un piccolo centro nella parte settentrionale della città di Reggio Calabria: la frazione Villa San Giuseppe, sulla foce del torrente Gallico. In particolare, il territorio di coltivazione si trova nel fondovalle delle fiumare del Gallico e del Catona e, dalla fascia pre-montana dell’Aspromonte, arriva fino allo stretto. Secondo alcuni studi, le prime notizie sulla presenza di questa cultivar risalgono al 1863, quando il professore Pasquale Giuseppe, in uno dei suoi trattati di economia agraria, descrive l’area agrumicola reggina, sottolineando l’eccellenza delle produzioni delle arance di Villa San Giuseppe. Gli agrumi di questo territorio erano celebri e rappresentavano una risorsa economica importante: fino agli anni ’70 del secolo scorso erano commercializzati non solo in Italia ma esportati in tutta Europa, e raggiungevano perfino la Russia (per questo sono anche dette le arance degli zar).
Il periodo di maturazione ricade tra i mesi di aprile e maggio ma può spingersi fino a giugno. I frutti sono di pezzatura media (circa 200 grammi) e hanno forma ovoidale e buccia sottile. La polpa è bionda, molto ricca di succo, con pochissimi semi. Le arance belladonna sono ottime mangiate fresche, ma possono anche essere trasformate in marmellate e scorzette candite.
Gli anziani del luogo raccontano che la coltivazione del purtuallu longu (nome della belladonna nel dialetto locale) sosteneva l’economia di queste zone perché il suo prezzo sul mercato, rispetto ad altri prodotti agricoli, era molto più remunerativo. In passato gli agrumeti erano quasi sempre gestiti da coloni che distribuivano il lavoro in questo modo: c’era il guardiano che stimava la produzione e controllava gli operai, poi i raccoglitori, i panarari che portavano i secchi pieni di frutta dai campi, e i taddieri che, con il coltello, rifinivano il frutto lasciando il peduncolo con una o due foglie. L’alto grado di serbevolezza consentiva di conservare i frutti per tutta la stagione estiva al buio nelle cassette di legno, nella sabbia di mare o nella segatura di faggio o di pioppo.
Stagionalità
Le arance si raccolgono tra aprile e giugno, se ben conservate sono reperibili anche nei mesi estivi